SOS – Riprendersi dopo che la ragazza ti ha lasciato

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Gentile Andrea,

ho letto in Rete molto bene del corso “Riconquistala” e vorrei ordinarlo anch’io. Prima però volevo sapere se nei manuali c’è anche qualche suggerimento su come affrontare la “botta” di vedere la propria ragazza baciarsi con un altro (…) Voglio a tutti costi riconquistarla, sono a terra e immagino che se prima non mi riprendo mi sarà difficile compiere qualunque azione.

Gatto

Caro Gatto,
la “botta”, come la chiami tu, non è solo tua. Quando ci vediamo dare il benservito dalla persona sui cui avevamo riposto le nostre aspettative e investito i nostri sentimenti, sentirci precipitare nel vuoto senza paracadute è il minimo che può accadere.


Per questo, un capitolo del corso Riconquistala è dedicato proprio a tamponare le ferite. Prima di tornare a veleggiare con il vento in poppa, come con grande lucidità hai riconosciuto tu stesso, occorre tappare le falle nello scafo, quantomeno quelle più grosse.

Permettimi di raccontarti una delle più grandi “botte” che ho vissuto io. Ero al primo anno di università ed ero innamorato alla follia di una tipa artistoide e lunatica, che mi aveva stregato con la sua aura da “alternativa”. La sua fragilità di carattere in qualche modo mi gratificava, perché la sentivo appoggiarsi a me come a una roccia. Finché un bel giorno scoprii che, da mesi, questa se la faceva con grande gusto con un mio compagno di corso, e pure sfigatello!


Per tamponare le ferite usai con un certo successo una tecnica che si ispira, con qualche licenza, alle scoperte del celebre psichiatra americano Milton Erickson. Una volta che gli si presentò un paziente che non poteva smettere di mangiare continuamente, Erickson gli “ordinò” di ingrassare ancora alcuni chili, annunciandogli che ogni successivo intervento sarebbe stato subordinato a quel risultato; un’altra volta, Erickson riferì di aver ingiunto a una ragazzina che si mangiava le unghie fino a farle sanguinare di continuare con il suo vizio, ma in modo sistematico: avrebbe dovuto farlo per almeno un quarto d’ora tre volte al giorno.


In entrambi casi, il risultato della “prescrizione” si rivelò stupefacente e paradossale: i pazienti si liberavano rapidamente del loro problema. La stessa cosa accadde a me quando, sulla scia di questo approccio, mi imposi di rimuginare a orari prefissati. Per disperarmi, piangere, recriminare, sputare la mia rabbia senza limiti avevo un’ora intera la mattina e altrettanto la sera. Nelle ore rimanenti, mi sforzavo di dedicarmi ad altro. All’inizio non fu facile rispettare gli “orari”, ma dopo alcuni giorni accadde una cosa: mi accorsi che non avevo più voglia di passare delle ore a soffrire. Semplicemente, cominciavo a maturare la sensazione quel  tempo consacrato al dolore mi sarebbe stato più utile dedicandolo qualche altra attività. 


Si chiama “prescrizione del sintomo” e, come altre tecniche che trovarai nei manuali, si basa in fin dei conti su una banale evidenza: per neutralizzare le emozioni negative, dobbiamo prima riconoscerle e accettarle.

In bocca al lupo per la tua riconquista!


Andrea